2407 Krankenpflege Website

Neurodiversità: L’infinita varietà dei cervelli

Il movimento neurodiversità chiede che le differenze neurocognitive non vengano considerate come disturbi, bensì come naturale variabilità tra gli individui. Eppure autismo, ADHD e altre forme di neurodivergenza sono tuttora stigmatizzate, con conseguenze negative per coloro che hanno ricevuto queste diagnosi e il personale sanitario neurodivergente.


Testo: Martina Camenzind

«I disturbi dello spettro autistico sono disturbi dello sviluppo neurologico caratterizzati da compromissione delle relazioni sociali e della comunicazione, da comportamenti inusuali e stereotipati e da un rallentamento dello sviluppo intellettivo spesso con disabilità intellettive.»
«Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività è considerato un disturbo del neurosviluppo. I disturbi dello sviluppo neurologico sono neurologicamente condizioni che appaiono nella prima infanzia, di solito prima di entrare la scuola, e compromettono lo sviluppo di funzionamento personale, sociale, scolastico e/o lavorativo.»
«I disturbi dell’apprendimento sono condizioni che presentano una discrepanza tra i livelli di rendimento scolastico e le potenzialità dedotte dalle abilità intellettive effettive del soggetto. I disturbi di apprendimento coinvolgono la difficoltà nella concentrazione o nell’attenzione, nello sviluppo del linguaggio o nell’elaborazione delle informazioni visive e uditive.»
Da queste descrizioni del Manuale di diagnosi e terapia Merck (Manuale MSD) si evince che la neurodivergenza è considerata un deficit. Le persone con disturbi dell’apprendimento necessitano di un sostegno pedagogico «curativo», le bambine e i bambini con ADHD si contraddistinguono per il fatto che non riescono a stare fermi e disturbano sempre, mentre le persone con «disturbi» dello spettro autistico sono gravemente disabili .
Queste visioni negative sono sempre più al centro di critiche. Sulla scia del movimento per i diritti delle persone autistiche, gli individui il cui cervello non funziona «secondo la norma» affermano che non sono disabili, bensì vengono resi tali dalla società. Questo modello sociale della disabilità mette in luce le barriere che impediscono alle persone interessate di partecipare alla vita sociale su una base di uguaglianza. Per chi ha la dislessia un testo complicato è un ostacolo, esattamente come la scala di accesso a un edificio per una persona in carrozzina.

 

Neurodiverso, neurodivergente, ­neurotipico: cosa significano?


Il termine «neurodiversità» viene attribuito a Judy Singer, sociologa australiana con diagnosi di autismo, che ha associato questo neologismo a una nuova consapevolezza di sé sul piano neurologico. Il termine sta a indicare che le differenze nelle funzioni neurocognitive non sono intrinsecamente patologiche e tiene conto del fatto che i cervelli, in sostanza, sono tutti diversi. Ciò, peraltro, è fondamentale per la sopravvivenza della specie umana, perché se ognuno di noi facesse invariabilmente tutto «come si è sempre fatto», l’evoluzione sarebbe impossibile.
Anja Mathausch, psicologa del lavoro e delle organizzazioni nonché coach ADHD, nel suo blog spiega che le persone neurotipiche «(semplificando il concetto) sono in grado di gestire compiti scolastici, professionali e sociali utilizzando i mezzi a disposizione (della collettività) con modalità, tempistiche e un dispendio di energia simili a quelli della maggior parte delle persone».? Le persone neurodivergenti, invece, a volte non riescono a fare le cose «come si dovrebbe» o «come le fanno tutti gli altri». «Alcune attività apparentemente ordinarie della vita quotidiana possono causare notevoli difficoltà alle persone neurodivergenti, che quindi necessitano di strategie e metodi alternativi. Per raggiungere lo stesso obiettivo devono seguire approcci diversi, che in certi casi possono sembrare contorti e complicati.» Per fare qualche esempio concreto Mathausch, che ha ricevuto la diagnosi di ADHD a 30 anni, cita strumenti per proteggersi da stimoli eccessivi, più momenti di tranquillità e distanza per calmare il sistema nervoso o modalità particolari di presentazione delle informazioni, ad esempio per imparare e comprendere determinati concetti in modo efficace.

 

È difficile ricavare dati precisi


Si ipotizza che almeno il dieci per cento delle persone sia neurodivergente. Amanda Kirby e Mary Cleaton, tuttavia, fanno presente che è difficile ricavare dati univoci.? Talvolta le stime sono molto discordanti: se nel Regno Unito si presume che la quota di bambine e bambini con ADHD sia compresa tra lo 0,5 e il 2,2 per cento, le cifre negli USA variano dal 2 al 16,1 per cento. Di solito, inoltre, le persone neurodivergenti hanno più di una diagnosi, ad esempio disturbi dello spettro autistico e ADHD e discalculia o disprassia. A ciò si sommano ulteriori sintomi psichici quali disturbi d’ansia, disforia di genere, disturbi ossessivo-compulsivi, disturbi della personalità o dipendenze, e infine anche fastidi fisici come allergie, problemi del sonno, emicrania, disturbi gastrointestinali e molto altro.
Ci si interroga sempre più spesso anche sull’efficacia degli strumenti diagnostici. Nelle ragazze con ADHD, ad esempio, l’iperattività non si manifesta per forza attraverso la classica «sindrome del saltamartino», ma piuttosto come uno stato di agitazione interiore, sotto forma di pensieri fulminei. Le giovani cercano di nascondere l’ADHD per sembrare «normali» e a volte ci riescono, anche se ciò richiede spesso molta fatica.

 

«Superpotere» o sofferenza?


L’attivista del clima Greta Thunberg definisce la sua sindrome di Asperger (una forma di autismo) come un «superpotere», e lo stesso fa lo snowboarder e cantautore Pat Burgener con l’ADHD. Negli ultimi anni la neurodivergenza è diventata quasi un hype. «Adesso hanno tutti l’ADHD?», ha chiesto il medico, presentatore e cabarettista tedesco Eckart von Hirschhausen in un reportage (nel quale anche a lui sono stati diagnosticati sintomi di ADHD).?3
Ma la neurodivergenza non è solo qualcosa di «chic». Spesso le persone neurodivergenti soffrono, magari per anni. Ricevono diagnosi errate come burnout o depressione e in alcuni casi sviluppano dipendenze o finiscono nel giro della delinquenza. A volte non vengono prese sul serio dai medici, come è accaduto a Tabea Wick. L’infermiera SSS ha ricevuto due anni fa la diagnosi di ADHD e ne parla apertamente sul luogo di lavoro, ossia il reparto dipendenze in psichiatria (vedi intervista a pag. 15). Un suo paziente sospettava di avere l’ADHD. Il medico che lo ha visitato gli ha posto tre domande: a due di esse il paziente ha risposto sì e a una ha risposto no. A quel punto il medico ha dichiarato chiusa la faccenda. «Il paziente ha sviluppato senza dubbio delle buone strategie per affrontare la situazione.»
Malgrado l’hype creatosi attorno alla neurodivergenza, non tutte le persone interessate ne parlano apertamente in pubblico, né tantomeno con le colleghe e i colleghi di lavoro.
La neurodivergenza, quindi, è ancora molto stigmatizzata. Alcune persone neurodivergenti – poche tuttavia rispetto al totale – hanno trovato una nicchia dove mettere a frutto i loro punti di forza: hanno sviluppato strategie di coping efficaci per affrontare le varie sfide e, se va tutto bene, trovano comprensione e sostegno nella sfera privata e professionale. Quando non ci riescono (o non ricevono una diagnosi), a seconda dei casi possono insorgere gravi problemi fisici, psichici e sociali.

 

Evitare sofferenze, porre fine all’esclusione


Il movimento per la neurodiversità si impegna tra l’altro affinché la variabilità neurologica venga percepita in modo più equilibrato e meno stereotipato. Chiede che le persone neurodivergenti abbiano un posto nella società dove poter mettere a frutto i loro punti di forza e soddisfare le loro esigenze.
La neurodiversità, quindi, è importante anche nel settore delle cure, come scrivono Timmy Frawley et al. nel Journal of Clinical Nursing.4 Prima di tutto perché l’egemonia della neuronormatività (ossia l’esperienza neurotipica che esclude la neurodivergenza) «può mantenere in essere l’emarginazione delle persone neurodivergenti».?4 Le persone neurodivergenti, a seconda delle circostanze, si rapportano in modo diverso con il sistema sanitario: il loro modo di relazionarsi, parlare, percepire le cose ed elaborare le informazioni può influire sull’interazione con il personale sanitario. Vi è dunque il rischio che non vengano rilevate alcune malattie fisiche o che venga formulata una diagnosi errata di neurodivergenza. «La mancata diagnosi di un problema fisico a causa di una comunicazione insufficiente o di un occultamento diagnostico può contribuire ad aumentare la morbidità e la mortalità precoce.»
D’altro canto, questi aspetti riguardano direttamente anche la professione infermieristica. A onor del vero, negli ultimi anni è stato fatto molto per promuovere la diversità e l’inclusione tra il personale in termini di genere, etni a e orientamento sessuale, scrivono le autrici e gli autori di cui sopra. Il fatto che la neurodiversità sia invece ancora considerata un deficit può essere visto come un ultimo baluardo dell’esclusione sociale. L’istituto britannico di neurodiversità ipotizza che il numero effettivo di specialiste e specialisti neurodivergenti in tutti i settori economici sia un po’ più alto rispetto alle stime. Non vi è motivo di pensare che il settore sanitario faccia eccezione. Tuttavia, molte professioniste e molti professionisti evitano di parlare della propria neurodivergenza per timore di subire discriminazioni. Cercano di apparire «normali» e nascondono la loro vera personalità, mettendo così in pericolo il benessere emotivo e psichico.

 

Sfruttare il potenziale


Il Royal College of Nursing presume che la percentuale di persone neurodivergenti nel settore sanitario sia ancora più elevata che in altri settori. I datori di lavoro, tuttavia, sono responsabili della salute e del benessere delle persone assunte. Già solo per questo sono tenuti ad apportare modifiche o adattamenti e a impegnarsi per combattere discriminazioni e mobbing, affinché anche le persone neurodivergenti possano esprimersi al meglio sul lavoro e le giovani leve possano realizzare le loro ambizioni professionali.
Le persone neurodivergenti hanno alcune difficoltà, ma anche un grande potenziale (vedi tabella): sono empatiche; sanno trovare nuove strade e soluzioni creative, percepire dettagli o riconoscere modelli; sono in grado di mantenere una concentrazione assoluta in caso di emergenza. Tutti questi punti di forza sono un bene per l’assistenza sanitaria, il settore delle cure e la società in generale.

 

krankenpflege button

Questo focus è apparso nel numero 7/2024 di Cure infermieristiche, la rivista professionale dell'ASI.

La rivista infermieristica trilingue viene pubblicata 11 volte all'anno. I membri dell'ASI lo ricevono gratuitamente. Altre parti interessate possono abbonarsi alla rivista. L'abbonamento annuale costa 99 franchi.

Abbonati ora

LOGIN Adesione